8 marzo 2020
Data pubblicazione: Mar 07, 2020 11:38:1 PM
8 marzo 2020
La Giornata Internazionale della Donna, abitualmente definita Festa della Donna, ricorre l’8 marzo di ogni anno per rievocare le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne.
L’8 marzo del 1908, 129 operaie di un’industria di New York rimasero uccise in un incendio, mentre protestavano per le condizioni di lavoro indegne a cui erano sottoposte.
Da quel tragico avvenimento, quella data è diventata la giornata ufficiale dedicata alle donne.
Tuttavia, quest’anno, la giornata celebrativa ricorre in un momento di notevole criticità.
Ogni luogo di cultura dove poter riflettere e rappresentare idee, parole, azioni sul ruolo della donna, musei, teatri, scuole sono inaccessibili o ad accesso limitato.
Da quando il Coronavirus ha varcato i confini del nostro paese, per ridurre al minimo le possibilità di contagio e arginare il dilagare del virus abbiamo modificato le nostre abitudini e le relazioni sociali.
È un susseguirsi di valutazioni epidemiologiche, di impatto sociale ed economico.
La buona notizia è stata l’aver isolato il virus in Italia ed è una donna la ricercatrice, Alessia Lai, facente parte della squadra diricercatori dell’Ospedale Sacco, che 4 giorni dopo l’inizio della ricerca sul materiale biologico dei primi tre pazienti italiani di Coronavirus, è riuscita a isolare la versione italiana del Covid-19.
Insieme a lei, coordinati dall'immunologa Claudia Balotta, fanno parte della squadra Annalisa Bergna, Arianna Gabrieli, il ricercatore polacco Maciej Tarkowski e il professore Gianguglielmo Zehender.
Lai che lavora al Sacco da 15 anni, prima come dottoranda, poi come assegnista e attualmente come libera professionista, è fondamentalmente una precaria della ricerca. E come lei fanno parte tante donne super esperte in molti settori scientifici considerati spesso esclusivamente maschili. Il fenomeno della “scienza al femminile” riesce a dare risposte alle indifferibili richieste sociali di mutamento del ruolo lavorativo femminile.
Ricercatrici che per sradicare i preconcetti e gli stereotipi devono combattere già da bambine per non abbandonare i loro sogni, e che poi spesso da adulte devono riuscire a conciliare e bilanciare carriera e famiglia.
Le recenti indagini evidenziano che le donne in Italia sono preparate almeno quanto gli uomini e perfezionano competenze analoghe, ma, sono ancora sottorappresentate nel mondo del lavoro.
Il principale ostacolo è la maternità e le difficoltà di tipo culturale, che si manifestano, quest’ultime, in un atteggiamento di bassa legittimazione dei colleghi uomini verso le colleghe donne.
Ancora oggi, le donne cercano di conciliare il proprio ruolo di mamma con quello di lavoratrice e, perché no, anche di donna in carriera.
Difatti, non tutte le aziende italiane sono riuscite ad introdurre in concreto e con successo strumenti di flessibilità, personalizzazione e autonomia lavorativa, come, ad esempio, lo Smart Working (o Lavoro Agile), il Bring Your Own Device (BYOD), il part-time, o la creazione di nidi aziendali.
In buona sostanza, prassi organizzative di collaborazione dell’azienda verso il dipendente e viceversa; un rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dalla diminuzione di vincoli orari o spaziali, un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, dove anche gli uomini possano raggiungere la realizzazione personale su più dimensioni, non solo quella lavorativa ma anche del tempo libero e affettiva.
In altri termini, un welfare lavorativo che aiuti il dipendente a conciliare i “tempi di vita e lavoro”, al fine di migliorarne l’efficacia, l’efficienza e il benessere psicofisico nel contesto lavorativo; nonché ottimizzare i risultati di performance per favorire la crescita della produttività e, not least, migliorare la qualità della vita professionale e privata di lavoratrici e lavoratori.
La revisione “smart” delle modalità lavorative presuppone un cambiamento culturale degli stili di leadership e di governance. Una svolta strategica indispensabile per superare i modelli di lavoro tradizionali e, certamente, vincente per favorire la responsabilizzazione e il coinvolgimento dei lavoratori sui risultati, la crescita di talenti e l’innovazione diffusa.
Pur tuttavia, l’Italia ha uno dei tassi più bassi di occupazione femminile in Europa. È, infatti, penultima nell’Unione Europea, col 53% di donne occupate e il 20% di gap occupazionale di genere, con scandalose ineguaglianze retributive.
Con rammarico, bisogna denunciare che il nostro Paese è ancora fanalino di coda in quanto a partecipazione femminile al mercato del lavoro ed è, ancor più deludente, la presenza delle donne sul top management, sui ruoli apicali, sulla percentuale di partecipazione nei consigli di amministrazione e nelle riunioni del potere!